...tante finestre differenti, come lo sono fra loro gli esseri umani e i loro punti di vista sul mondo.

Le finestre spalancate da

le mie 5 Terre...

le mie 5 terre...mi piace uscir presto, respirare il mattino prima che troppi mi privino dell'umore migliore. Son uscito di casa alle 5, alle 6 sudavo già ma stavo da dio e ho visto un mondo che scorre ancora lento, come piace a me. ho camminato lungo un crinale di roccia e ginestra, leccio e corbezzolo godendo dei profumi mischiati, delle foglie secche sotto le suole, del canto delle piccole cince e del lamento mattutino di una volpe forse ancora poco avezza ai ritmi della sua giovane vita...sono sceso verso Portovenere finchè non ho visto l'infilata Chiesa, Palmaria e Tino sapendo già che il Tinetto rimane nascosto ma il lontano profilo delle Apuane m'addolcisce quella che potrebbe esser la delusione più grande...per far belle foto da qui bisogna venirci al calar della sera quando la luce rossastra incendia le alte pareti di roccia. Risalire verso Campiglia è stato facile, non più una sofferenza come quando fumavo e poltrivo, ora il fiato c'è ed è bello accennar tratti di leggera corsa, spinger sulle caviglie nelle salite brevi e secche e goder nel sentire le tempie pulsare e il sudore salato scender dalla fronte. Una piccola sosta, il caffè, due scatti tra le case colorate ma mal riattate, senza aver un'occhio al passato quasi a voler nasconder volte e archi, incastri arditi di pietre troppo grandi per la moderna schiera d'improvvisati muratori...ho vecchie foto di mio padre, emigrante in Svizzera, canottiera e muscoli scavati più che scolpiti, carpentiere con i suoi luogotenenti e boccia intento a costruir palazzi, con i pochi mezzi di allora ma con decine di persone ad ammirar estasiate, ma questa è un'altra storia...insomma, il paese è bello ma potevan far meglio, il caffè buono e il cielo ancora blu anche se qualche leggera velatura è foriera di cambiamenti. Imbocco il sentiero per Schiara, prossima meta, Monesteroli lo lascio per quando ci andremo insieme, e tra roselline selvatiche, ginestre, erba alta e rapidi fruscii scendo tra terrazzamenti incolti, alberi imponenti, piani inclinati franosi e castagni in fiore fino a sbucare nel paradiso terrestre, il mondo che vorrei, l'impasto divino a lungo bramato fatto di muri di pietra a secco e contorti filari d'uva. ora il sole comincia a far male, picchia perpendicolare riducendo l'ombra ad una chiazza corta tra i piedi che quasi c'inciampi, ma laggiù sotto l'ultimo filare, l'ultimo tetto di tegole rosse...c'è il più bel mare che si possa volere, che in pochi metri dalla scoscesa riva sprofonda in scuri abissi e assume il colore del suo esser profondo ma questa è un'altra storia, anzi la storia continua. Buonanotte, o meglio, buongiorno.



Cronache di un dialogo

Un giorno, arriva.
Quando meno l’aspetti, arriva. Bussa alla porta.


La chiamano delusione.

A volte, amarezza, mentre per altri è saggezza..All'inizio fa male... Poi, con l'andare del tempo la delusione si trasforma in coscienza e la coscienza, in consapevolezza.


Ti deludono gli amici. Ti deludono le leggi, le persone in cui hai creduto, quelle che hai ammirato quelle in cui avevi intravisto valori. Talvolta capita che ti deluda chi hai amato.


Poi ti riempiono di domande: Perchè sei così schivo?

E tu stai lì, osservi... Li osservi e comprendi... Sì, comprendi che in te c'è qualcosa di differente.


Perchè qualcosa ti ha toccato. Perchè hai attraversato un territorio che ti ha cambiato.

Gli illuminati sono come irraggiungibili. Poco si sa di loro. Una volta conosciuti però, si rivelano innocui,tanto da essere scambiati per persone normali. Gli illuminati si celano dietro creazioni colori, interessi e tutto ciò che ruota attorno alla creatività. Talvolta, essi arrivano a considerare le parole come un'eredità scomoda, una ferita maledetta e santa di un mondo votato alla superficie.


Le persone comuni, si sa amano la pelle e l'interesse e non c'è da meravigliarsi se, da che mondo è mondo, svanita l'attrazione, non rimane che sabbia e fumo.

Gli illuminati amano invece senza ragione. Forse amano l’amore. La forma più pura d’amore. Perchè non credono che l'anima debba essere nascosta nè nascondersi. Nè che essa debba seguire intrighi giochi, finzioni, sistemazioni o tornaconti e soprattutto sono convinti che il cuore venga prima della ragione, la fiducia prima della fede e la coerenza prima delle parole spese gratuitamente, come non costassero nulla.

Perché le persone comuni cosi fanno. Pronunciano parole...ti amo, ti voglio bene o altre ancora, diverse,che tuttavia, sulla loro bocca evaporano come vapore a novembre. E sono semplici sillabe sulle loro labbra.E quelle pronunciano. Con leggerezza, perché trovano piacevoli quei suoni Colonna sonora dei loro calcoli.

Le persone comuni amano soltanto se amate o se rinvengono convenienze. L'illuminato crede che amare significhi accettare: contraddizioni e limiti. Avere attenzione, dedizione pazienza per far crescere l’amore. Per elevare se stessi dentro l’amore. E che quest’ultimo sia come un’apertura, una porta, una prima soglia, un percorso che si apre.

Gli illuminati, li riconosci per una discrezione innata Nel rifuggire il gregge, le scorciatoie più facili. E nello scavarsi casa nel silenzio.

Nell'ostinata ricerca dell'equilibrio sull'abisso. Si suppone che la loro sensibilità sia pari alla loro pena. La diffidenza pari alle ferite ricevute. Perchè sono chiusi, introversi e per certi versi inamabili

Poiché impermeabili all’amore comune. La natura li ha resi fragili ma indomiti e forse per questo così attraenti


Disillusi e al tempo stesso cultori dell’illusione,ondeggiano nel mondo come dentro ad una visione A vederli sembrano far parte del mondo degli uomini ma il loro segreto è racchiuso nel disincanto nell’aquilone dell’immaginazione.
E' improvvida come 
un giorno mancato
Così 
sorpreso
ti lascia toccato 
dal nucleo incandescente
della vita
Evapora parole
come l'anima umida 
della terra
allo scialbo sole di Novembre
Ti scava casa nel silenzio
mentre ti ostini
a stare in equilibrio sull'abisso
Nell'illusione
coltivi il disincanto
dell'immaginazione
che s'apre di respiro
dentro la poesia
o t'incoraggia 
nella melodia
di una musica lieve
senza sguardo
percorri
ipotetici orizzonti


Estrapolata, quasi scritta a quattro mani (all'insaputa dell'autore) interagendo con il post - Gli Illuminati - del blog "Curiosi del mare"- di CKlimt che posto qui sotto...
Spero che l'autore non me ne voglia





Risposta di CKLIMT:  Ma scherzii!? Perchè mai dovrei volertene? Anzi è stata una totale sorpresa arrivare e leggere queste parole in cui sentivo un'eco ben familiare. Solo giungendo in fondo, ho poi inquadrato questo esperimento che hai fatto.

Sai cosa? Piu' di una volta mi capita di pensare...che tu sapresti dire con più concisione e asciuttezza ciò che a me costa parole, immagini e un più lento dire. Arrivi tu e vai dritta al cuore di ciò che intendo io. Non so se riesco a spiegarlo bene
A questo punto però ne sono convinto. Prendi il Post "Gli illuminati"...io a rileggerlo ora, a distanza di tempo, ci sento come un andare "elicoidale", come un salire seguendo un ritmo circolare, un precisare a più riprese, un riprendere ciclico per cogliere con più esattezza.
Son convinto che tu avresti scritto con pari efficacia utilizzando meno della metà di quelle parole.
:-) Amo le sintonie... e te ne sono grato.


                                          [    autori: SOLELUNA  ]

...Compra il pane, ci vediamo a casa



È un lavoro duro, il campo va preparato, i sassi levati e lo si fa a mano.Le crepe nelle mani e le unghie si riempiono di terra e polvere.
Poi si solca il terreno, lo si rigira in profondità, ci vuole tempo e sudore anche se si usano gli animali per trainare il vomere.
Poi finalmente la semina, è fine ottobre e per i Morti si vede il risultato del lavoro.
C’è qualche mese da attendere ancora, ma sono mesi di attesa solo per il grano. Tutto il resto continua e la farina dell’anno passato permette di mangiare adesso.
Ogni anno cosi. Ogni anno la schiena sempre più curva e il manico delle falci sempre più logoro.


È luglio e la falce sfianca letteralmente. Si fanno i covoni e li si lega con altri gambi di grano.
La trebbiatura riempie le aie di polvere, ci si aiuta tra famiglie e alla sera si fa festa.
Il grano è a casa! Si può essere felici.
Grandi sacchi pieni vengono portati al mulino appena fuori dal paese.
Cosa c’è di più naturale della forza dell’acqua di un’enorme ruota?
Ma sono ancora tempi in cui non si fa caso all'energia pulita. C’è solo quella ed è normale che sia cosi.
Sembra quasi un miracolo che quel rigagnolo muova tutti quegli ingranaggi di ferro pieno.
Cigolano, sfregano ma si muovono e un po’ di grasso qua e la assicura il funzionamento senza troppi problemi.
La farina è fatta. La crusca anche.
Il pane è assicurato, ce n’è anche per la torta alla festa del paese e per qualche focaccia nei giorni migliori.
Le stesse mani tagliate e rovinate, dure come le zolle di terra che andavano rotte mesi prima ora finalmente dividono in due una fetta di pane.
Se diventa duro lo si mette nella “zuppa” al mattino. È la colazione più buona che ci sia.

- Ma quanto pane hai preso?
- c’erano solo confezioni grandi all’esselunga, e poi ci sono i punti fragola
- si ma abbiamo mangiato un panino, non ho fame, domani è da buttare
- si buttalo
- cambia canale, c’è la pubblicità, come si chiama quell'attore li che fa il mugnaio del mulino bianco?...





soffice come la neve

c'è un distesa davanti a me
mi fai togliere parole dalla cenere
la mano accarezza la mano
le dita sfregano le dita
sotto l'occhio che osserva
la polvere grigia stendersi
coprire pori e sentieri

mi da una fragranza polverosa e pulita
la cenere fra le dita
quel guanto grigio ma candido
definitivamente assolto dalle regole

fare ordine fra la cenere è inutile
un passo incerto che esplora un sentiero di neve
forse sabbia pura di una spiaggia sognata
o quella vera del deserto annusato

andare avanti a camminare
poi sedersi a giocare
riempire i polmoni
soffiare
in faccia alla vita




Mi sia consentito il dire

Nel 1892, appena compiuti sei anni, mia nonna Seta seguì tutta la famiglia che emigrava in Brasile, a lavorare in una piantagione di caffè.
Durante il viaggio, nacque un fratellino, e, siccome il bastimento si chiamava Edilio Ragio, a lui venne dato il nome di Edilio.



Tantissimi anni dopo, oramai anziana, amava raccontare della frutta esotica che aveva scoperto : ananas ( bakasì ), cocco, manjoca, banane,  delle bestie feroci che le facevano paura, e dei serpenti che si insinuavano persino nella loro capanna.
La vita era durissima, e lei ricordava con orgoglio quella volta in cui , ancora bambina, aveva saputo riportare a casa il fratello Pepp, arrestato dagli sgherri del padrone perchè colpevole di un piccolo gesto di ribellione.

Più di dieci anni dopo, tornarono tutti quanti al loro paese. Mentre i suoi genitori aprivano, con i pochi soldi avanzati, un' osteria, lei portava tutti i giorni da mangiare e da bere agli operai che stavano costruendo la nuova strada ferrata.

La ferrovia
acrilici su faesite cm 50x70
di Giada Ottone

Quella stessa ferrovia che ora, dichiarata "ramo secco", è stata dismessa.
Dopo, mi sia consentito il dire, più di centodieci anni di onorato servizio.


Costantino


 

Memoria digitale



Memoria digitale

Sono stato qui.
Ho toccato il tavolo
un sasso
il nostro cane
il vento, entrato all'improvviso
dalla finestra aperta.

Sono stato qui.
Dalle mani di mia madre
usciva ogni giorno il pane;
scacciavano
le sue mani
ogni mattino
lo spettro della fame.
Questo faceva di lei
l'insostituibile ingranaggio
dei giorni da attraversare
fino all'argine del fosso
da saltare
lesti.

Sono già stato qui.
Tieni sempre le tue mani bene
in vista, pulite
aperte
e tocca
ogni cosa
come fosse la prima
e l'ultima.


Maria



vicoli stretti e ampiezza di...vedute




un passaggio angusto...quasi un voler costringer le persone ad incolonnarsi in fila indiana. Mi son trovato spesso a passar sotto quelle edere e ad immaginar la vita tra quelle scalette e quegli austeri portali di pietra, ho chiuso gli occhi per sentir in quel denso silenzio vociar di madri e schiamazzi di ragazzini sguscianti...gli uomini a lavorar nelle cave, e mi ha quasi strozzato il magone nell'ora più bella del giorno, al calar del sole, nel godere dei profumi di un meritato e atteso desio. E dopo? dopo c'era il mese mariano, maggio, con i suoi fiori e i suoi odori, a venir fuori dall'inverno tutti di corsa trafelati, a rotolar nell'erba...maggio era il dopo cena, le preghiere casa per casa, l'unico modo d'uscir di notte per noi quattordicenni ancora acerbi per andar per strada e per trovar la nostra. Maggio, rosari e lucciole, ch'eran così tante che quasi vedevi il sentiero nel bosco, tante quante le ciliegie che rubavi dal ramo più vicino alla finestra con ancora la lampada accesa....tante, come le cose che son cambiate...niente rosari, niente ciliegie ma un mondo nuovo e un nuovo modo. Ora c'è la città, il condominio, il pianerottolo dove se t'incontri non ti conosci e a malapena ti saluti, dove pochi son i sentimenti e molti i risentimenti dove però c'è il mondo globale, internet, la chat, il forum, dove tutti c'incontriamo e ci salutiamo, ci conosciamo e non lo sappiamo, ci vediamo anche se mai lo faremo davvero...mi piace molto questo tuo blog e mi spiace d'esser arrivato tardi con il mio piccolo fotogramma di vita. A presto.

Massa, Carrara, Colonnata

Della mia visita a Massa, nel 1980, mi rimane il ricordo del Castello, del Palazzo Cybo-Malaspina, della Basilica, ed una foto davanti ad una bella fontana.
Lo stesso giorno, a Carrara, a vedere il Duomo di Sant'Andrea, e a comperare tre stupendi gufetti in marmo che mi piace conservare ancora.
Andammo via col pensiero che qui non saremmo, purtroppo, più venuti : troppo vasta e troppo "ricca di bello" l'Italia per permettere un ritorno sui propri passi.

Invece, più di trent'anni dopo, eccomi, un po' per caso, di nuovo a Carrara, a riabbracciare con lo sguardo il centro storico e ad avventurarmi sulla strada delle Cave di Marmo.
A rimanere stupefatto di fronte a quei monti, bianchi non per la neve, che hanno favorito il genio di Michelangelo, Canova, Giambologna, addentrandomi curioso in una cava, autentica Casa di Giganti.
A verificare dal vivo quanto avevo visto e letto sui libri, illudendomi, per qualche ora, di essere scultore tra grandi scultori.


Carrara

 

Infine a Colonnata, paesino d'incanto sotto i monti Apuani, dove nessun menù, nessuna portata prescinde dal lardo, che permea del suo inconfondibile sapore persino i cioccolatini ed ogni dolciume.
Felice, un po' sorpreso, di essere tornato da queste parti, e di portare a casa nuove conoscenze e qualche piccola emozione.


Costantino


Lampi di felicità



Restare abbracciati nella notte
nella capanna
sotto le lenzuola
la tenda degli indiani
con il fuoco acceso
il naso freddo è un piccolo radar
vestirsi di pelle per guardare nel buio
svestirsi di tutto
per cullare una brace
restare abbracciati
aspettando l'estate
aspettando il sapore salato
della pelle sudata

Quando al buio
sotto le coperte ridi
so che vedi una luce
il lampo della felicità
il fuoco che al mattino
ancora riscalderà





Cando/Quando.

Cando t’ap’a lassare

Cando t’ap’a lassare sola-sola,
non lasses ch’in su coro sa tristura
si let su logu de s’amore meu;
lassa ch'abbarret issu, tott'intreu,
po t’indulchire in pettus s’amargura,
contàndedi assunessi calchi fola.
E si m’as a giamare, su mudine
t’at a risponder chi prùs non bi so;
ma non prangas e non ti disisperes;
sa vida nostra mudat, ite cheres,
a bortas ti dat gosu, a bortas no,
e tottu in custa terra tenet fine.


Quando ti lascerò

Quando ti lascerò sola,
non lasciare che nel cuore la tristezza
prenda il posto del mio amore;
lascia che lui resti, tutt’intero,
per addolcirti nel petto l’amarezza,
raccontandoti almeno qualche fiaba.
E se mi chiamerai, il silenzio
ti risponderà che non ci son più;
ma non piangere e non disperarti;
la vita nostra cambia, che vuoi,
a volte ti da gioia, a volte no,
e tutto in questa terra ha una fine.


  Giangavino Vasco 

orso
                                                                 

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