...tante finestre differenti, come lo sono fra loro gli esseri umani e i loro punti di vista sul mondo.

Le finestre spalancate da

" La conoscenza si guardò allo specchio e si vide immaginazione..."



"Il presente non è mai il nostro fine, il passato ed il presente sono i nostri mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai ma aspettiamo di vivere". 
Blaise Pascal

Fu chiesto a un musicista "Come mai, dopo essere stati negli anni '70 un simbolo della musica contemporanea, oggi siete diventati un gruppo pop?".
Risposta "Come mai lei non usa gli stessi abiti che indossava negli anni '70? Come mai non è pettinato allo stesso modo?"

Già, come mai?

Perché il tempo non aspetta. O forse siamo noi a non sapere dove aspetta.
Perchè da bambino chiedevo a mia zia di lasciarmi dividere i ravioli fatti in casa. Prendevo la rotellina zigzagata e separavo le file di palline di ripieno racchiuse da due strati di sfoglia, mangiando i bordi esterni di pasta cruda avanzata.
Perché quando ero piccolo non moriva nessuno, tutt'al più qualcuno si assentava temporaneamente per lavoro. E non tornava indietro facilmente perché, guarda caso, il lavoro era vicino al cielo.
Perché quando ero ragazzo la donna era ancora un universo misterioso da conquistare e si dovevano sudare sette camicie per sbottonare una camicetta.
Perché ho respirato aria senza amianto, ho bevuto latte senza colla, ho guidato macchine senza poggiatesta, ho conosciuto tanti amici anche senza internet.
Perchè ogni tanto ci capitavano personaggi che la realtà aveva preso in prestito dalla fantasia e si era dimenticata di restituirli in tempo.
Perché quando i sogni zoppicavano un po' bastavano un libro e una radiolina.
Perché ogni tanto torniamo sul luogo del delitto, ma sbagliamo luogo o sbagliamo delitto.

Il tempo non aspetta, dunque. Dobbiamo stare al suo passo, che all'inizio ci sembra lento, lentissimo, poi con il passare degli anni diventa sempre più veloce. Tanto che a un certo punto non riusciamo più a stargli dietro. Ma il tempo è sempre uguale. Non è lui che cambia.

Quante volte, discutendo con amici o con sconosciuti, in qualunque contesto, ci proiettiamo in dimensioni lontane da quella in cui ci troviamo. "Ti ricordi quando...?", "Cosa farai...?"

Passato, presente, futuro...

C'è chi sostiene che il presente non esiste, ma sarebbe soltanto la linea di demarcazione ideale (cioè immaginaria) tra passato e futuro. In pratica, la soglia sottilissima attraverso la quale il futuro diventerebbe passato con il trascorrere del tempo. Anche il più piccolo gesto, prima di essere fatto apparterrebbe al futuro, appena compiuto verrebbe immediatamente preso in consegna dal passato.
Una teoria opposta afferma invece che passato e futuro sarebbero semplici stati mentali, rappresentazioni pure e semplici della nostra memoria (il passato) e della nostra immaginazione (il futuro), e che esiste soltanto il presente, l'unica dimensione tangibile. Noi quindi vivremmo un eterno presente, tutto il resto sarebbe un'elaborazione della nostra mente.

Penso che entrambi questi orientamenti contengano elementi di verità e corrispondano a due modi diversi di gestire il passare del tempo, di mettere ordine nelle priorità individuali, di concepire la vita. La nostra percezione del tempo è soggettiva e condizionata dagli eventi. Aderire a una della due correnti di pensiero in una fase della nostra esistenza non preclude la possibilità di riconoscersi nell'altra in un periodo successivo.
E non siamo immuni da ingannevoli giochi di luce: le ombre cinesi del presente, le iridescenze del futuro, i riflessi del passato.


Ma si può anche provare a immaginare un corto circuito...
Il passato è uno specchio, il futuro una finestra.
Nel primo vediamo la nostra figura riflessa e tutto ciò che c'è alle nostre spalle, immobile.
Dalla seconda vediamo l'orizzonte, le nuvole, le montagne. E oltre, chissà.
Un giorno, un uomo provò a mettere lo specchio di fronte alla finestra. Vide le sue sembianze circondate dal cielo che riempiva di luce la stanza.
Imparò a guardare al futuro attraverso l'osservazione del passato.
Nello scenario interiore trasfigurato dal corto circuito temporale, la conoscenza si guardò allo specchio e si vide immaginazione, il rimorso si vide paura, il rimpianto speranza.
Nemmeno un brivido di malumore, soltanto un impercettibile rintocco di malinconia.

Mansardo 

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